Lunga rassegna di personaggi “prigionieri” di se stessi, Prisoners di Villeneuve è una lenta e inesorabile discesa all’inferno |
Nella tranquillità della Pennysilvania due bambine vengono rapite. Il sospettato principale è Alex, un sempliciotto proprietario di un camper, che viene in breve tempo rilasciato per assenza di prove. Le indagini del detective Loki proseguono senza sosta, ma deve fare presto: Keller, il padre di una delle due bambine, ha deciso nel frattempo di farsi giustizia da solo.
Era da tempo che gialli simili al cinema non conquistavano come Prisoners, più precisamente dal Zodiac di Fincher, se non dal meraviglioso Mystic River di Eastwood. Ma il film di Denis Villeneuve, oltre che avvincente e appassionante mystery movie, vanta alcune peculiarità davvero eccezionali.
È per prima cosa un film che ci mostra una lunga serie di personaggi “prigionieri” della propria personalità e delle costrizioni sociali, tanto che non è da escludersi la possibilità che il titolo giochi su questa ambiguità di interpretazioni. Loki di Jake Gyllenhaal, detective alla Mann logorato da un lavoro che ti porta ad aspettarti sempre il peggio, è una personalità dal passato ambiguo (tatuaggi, disturbi rivelatori agli occhi) e dal futuro poco chiaro (gli viene suggerito di trovarsi una ragazza e mettere su famiglia, anche se parlare di se stesso lo mette a disagio). Facciamo la sua conoscenza in un ristorante in cui cena solo, per poi assistere durante la sua discesa all’inferno ad un lento ma inesorabile emergere della verità. La rassegna devastante di Villeneuve prosegue poi con due famiglie solo apparentemente cordiali e civili. E dimenticate Keller di Hugh Jackman, che con il suo carattere impulsivo alla Wolverine beve fino allo sfinimento e si accanisce contro Alex (Paul Dano), il primo sospettato: più devastante ancora se vogliamo è il comportamento della disperata Nancy (Viola Davis), madre che dopo un approccio pacifico verso il prigioniero protende per lavarsi le mani e lasciare che lo scellerato comportamento dell’amico prenda il sopravvento sul poveretto. La tesi è quella per cui tutti siamo anime egoiste pronte ad abbandonare la moralità e i valori religiosi a favore della sopravvivenza di chi più ci sta a cuore. Personaggi di contorno come il prete con molte debolezze amplificano il senso di perdizione, mentre i giri di perlustrazione di Loki sembrano condurre a retroscena sempre più orribili. Un memorabile Paul Dano, che non si stufa mai di fare il matto (ricorderete le sue performance ne Il petroliere e in 12 Anni Schiavo), dà infine corpo e (poca) voce ad un sempliciotto dal limitato Q.I. vittima delle angherie delle famiglie delle rapite. Il modo in cui viene torturato dà da pensare, tanto che il ritrovamento finale delle giovani sventurate non porta sollievo: è piuttosto la dimostrazione definitiva di come la violenza umana agisca senza riflettere, portando a conseguenze spesso irrimediabili. Nonostante gli esiti parzialmente consolatori e una sequenza finale da cineteca, rimane un sostanziale pessimismo in Prisoners. Che ne sarà di Loki, dopo l’ennesima (ipotetica) vittoria? Quale presa di coscienza attende le famiglie delle vittime? Come sarà la nuova vita di Alex Jones? In questo senso la fotografia del maestro Roger Deakins contribuisce a creare un senso di disturbante ansia intorno alla vicenda, rendendo questo thriller in alcuni momenti tutt’altro che piacevole.
Un film solido magistralmente interpretato (soprattutto da Gyllenhaal), un’indagine dannatamente oscura. L’atmosfera che si respira in questo film ci fa capire come dovrebbero essere fatti i gialli.
Il mio preferito rimane Paul Dano, dovrei rivedermelo per poter di nuovo apprezzare la sua fantastica interpretazione!
Si, ma anche Gyllenhaal non è da meno 😉 però anche a me Dano piace, mentre Jackman lo tortura ti ritrovi a sperare che finalmente aprà bocca e si salvi…altro che Discorso del Re 😉
Si, tutto il cast fa la sua porca figura, però ricordo che quando sono uscito dalla sala del cinema in cui l’avevo visto ero rimasto a bocca aperta per la prova di Paul.
Bella recensione, e bello il film. In effetti con Villeneuve le cose più interessanti sono quelle che rimangono nascoste, come giustamente noti a proposito del personaggio di Loki. Sto leggendo L’uomo Duplicato, ottimo libro ma dalle atmosfere molto diverse da Enemy, il che rinforza l’idea di un autore dalle idee molto precise e le caratteristiche definite. Ho ad attendere La Donna che Canta.